Con la testa tra le nuvole

Fare base a Chiavenna per spingersi in Val Bregaglia e Valle Spluga.

Dislivello Totale

4.699 m

Lunghezza totale

189 km

Durata

2 Giorni

C

hiavenna ti apre le porte alla montagna più vera. Antico centro di origine romana, in un tempo lontano transito di intensi commerci tra la Pianura Padana e la valle del Reno e il Nord Europa, conserva ancora il fascino della sua millenaria storia. Non è un caso che sia bandiera arancione, il riconoscimento che il Touring Club Italiano assegna ai borghi italiani di qualità turistico-ambientale.

Con la testa tra le nuvole

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Intro

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Risalendo la val Bregaglia fino al Maloja e oltre

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Alpe Motta e Montespluga

Adagiata sulle rive del fiume Mera (imperdibile la vista dal ponte), è l’imbocco naturale di due valli di rara bellezza, la Val Bregaglia e la Valle Spluga, che percorreremo in due distinti itinerari, facendo base proprio a Chiavenna. Si tratta di due ambienti naturali vicini, eppure molto diversi: la Val Bregaglia, più dolce ed elegante; più aspra e selvaggia la Valle Spluga.
Lo sappiamo tutti: pedalare porta spesso ad avere la testa fra le nuvole. E in questi due giorni, noi, la testa tra le nuvole ce l’avremo quasi letteralmente. Saranno due giorni impegnativi, ma belli e ricchi di emozioni. La prima tappa ci conduce da Chiavenna a Sils Maria, in territorio elvetico: un centinaio di chilometri per circa 2.000 metri di dislivello. La seconda, più dura e con più dislivello, ci porterà alla scoperta dell’Alpe Motta – già arrivo di tappa del Giro 2021 – e del villaggio di Montespluga con la sua celebre diga: in tutto solo 90 chilometri, ma circa 3.000 metri di dislivello. Bici: gravel. Per non perdersi nulla delle bellezze più recondite di questi luoghi.

Luoghi

Chiavenna: piazze e palazzi

Palazzo Vertemate Franchi

L’Acquafraggia

Segantini e i Giacometti

Stampa

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Risalendo la val Bregaglia fino al Maloja e oltre

La sera prima della partenza abbiamo cenato, appena fuori Chiavenna, in un caratteristico crotto. Il proprietario ci ha a lungo intrattenuti spiegandoci l’origine e la storia di queste grotte scavate nella roccia. I crotti, infatti, non sono altro che piccole cavità naturali alle pendici della montagna, all’interno delle quali soffia sempre il Sorel, una bava d’aria fresca capace di mantenere la temperatura interna del luogo, anche in piena estate, costantemente tra gli 8 e i 9 °C. In altre parole, una specie di frigorifero naturale. Fin dai tempi antichi, gli abitanti della zona intuirono la straordinaria potenzialità di queste grotte per la conservazione delle prelibatezze enogastronomiche del luogo: i salumi anzitutto, tra cui spicca la brisaola (che da queste parti si scrive e pronuncia con la i, rispetto alla valtellinese bresaola dalla quale si distingue anche per un gusto più marcato); formaggi di latte vaccino e infine, ça va sans dire, il vino. Oggi molti crotti, di cui si celebra la festa ogni anno a inizio settembre, si sono trasformati in osterie e ristoranti, alcuni anche molto ricercati.
Ma è ormai tempo di inforcare la bici. Partiamo la mattina di buon ora dal centro di Chiavenna, direzione passo del Maloja:

Sappiamo che la meta promette un piacere intenso e tonificante, ma come sempre il piacere bisogna guadagnarselo.

Aria frizzante, manicotti abbassati e guanti leggeri. Imbocchiamo la strada cantonale sterrata che risale la valle correndo quasi sempre a fianco della SS 37. Dopo Prosto si inizia a guadagnare quota. La traccia corre, salvo qualche eccezione, sulla sponda sinistra del Mera. Le pendenze si fanno impegnative, quando la traccia sale un po’ più in quota a mezzo pendio, sempre sul lato sinistro idrografico del torrente. Dopo Promontogno e Vicosoprano si affrontano i primi severi tornanti che ci avvicinano al passo.
Raggiunto il Maloja ci affacciamo sull’Alta Engadina, solcata dal corso del fiume Inn, uno dei più importanti corsi d’acqua del centro Europa. Le sue sorgenti, presso il lago Lunghin, sono collocate nel punto d’incontro di un triplo spartiacque: se verso Est le acque dell’Inn confluiscono dopo 517 chilometri nel Danubio, e di qui nel Mar Nero, verso Nord, si estende invece il bacino idrografico del Reno, che sfocia nel Mare del Nord; e verso Sud, attraverso la Mera, le acque del Lago di Como e l’Adda, prende forma il bacino idrografico del Po, che si getta nell’Adriatico, e quindi nel Mediterraneo.

Cose buone

Bitto DOP

Brisaola

Gin Giüst

Castagne

Dal passo ci concediamo una deviazione sterrata. È quella che, salendo ripida, porta al Lägh da Cavloc, un vero paradiso naturale a 1.900 metri di quota, completamente abbracciato da fitte foreste. C’è un piccolo rifugio, con terrazza prospiciente lo specchio d’acqua verde smeraldo. Ci concediamo una fetta di torta di noci con panna montata. Poco distante dall’alpeggio Cavloc, per chi vuole – senza esagerare – riempirsi la borsa, uno spaccio vende deliziosi formaggi e altri prodotti locali.
Lungo il medesimo percorso, si rientra al villaggio di Maloja e, quindi, per un sentiero forestale, si arriva a Isola, ultima frazione del comune di Bregaglia. Da qui si imbocca un tratto impegnativo, un single track, che costeggia il Lago di Sils sulla sua sponda destra. Bisogna prestare un po’ di attenzione: si tratta di un sentiero vero e proprio, con tanto di segnaletica, e sulla traccia si incontrano numerosi gli escursionisti.

La gravel va controllata e assecondata, le ruote tassellate e con il battistrada il più ampio possibile qui sono fondamentali per affrontare il fondo accidentato di radici e sassi sporgenti. Ma l’arrivo a Sils Maria ha un che di solenne e di incantato.

Aveva ragione Friedrich Nietzsche, il famoso filosofo tedesco, a scegliere questo luogo per le sue vacanze. In questo piccolo, discreto ma elegante gruppo di case adagiate sulle acque bianche del lago, che in inverno ghiaccia e diventa una pista da fondo, sembra di entrare in un incantesimo che cattura chi sceglie di viverci o, più semplicemente, chi lo incontra solo di passaggio, come noi. Un incantesimo che riporta indietro nel tempo e che invita a una sorta di meditazione, a un esercizio di introspezione, non a caso, quasi filosofico. Pedalare qui, immersi tra abeti, rocce e sentieri, fuori dal traffico e nella quiete, è una medicina impagabile.
Dopo una breve pausa pranzo, prendiamo la ciclabile, questa volta asfaltata, che porta in Val Fex, un altro luogo dove sembra essersi fermato il tempo e un po’ anche il cuore.

La Val Fex è una delle più belle di tutto l’arco alpino, con i caratteristici alpeggi con le placide mandrie di mucche al pascolo.

Sono questi, infatti, gli scenari montani che ispirarono numerosi quadri del pittore Giovanni Segantini, che a Maloja visse gli ultimi cinque anni della sua giovane vita: morì infatti a soli 41 anni e chiese di essere sepolto proprio nel piccolo cimitero montano del villaggio.
Proviamo a catturare queste emozioni fermando i nostri ricordi e condividendoli per gli amici nella vetrina di Instagram. Quindi procediamo a ritroso verso il Lago di Sils, per tornare poi di nuovo al Maloja, e di qui, lungo lo stesso percorso dell’andata, a Chiavenna. Godersi i tornanti in discesa, disegnando curve aerodinamiche, diventa ora puro piacere. Ma nell’ebbrezza della discesa non perdetevi il passaggio sotto i Sassi che si baciano, le due caratteristiche rocce che, tra Stampa e Pramontogno, sembrano baciarsi formando un arco sopra la strada.
Ci attende infine una doccia calda, e una cena in hotel: domani pedaleremo spesso e volentieri con il naso all’insù. In salita. Il che significa altro dislivello, nuovi sterrati e deviazioni da scoprire. Intanto oggi il mio Garmin segna 99,6 chilometri e 2.230 metri di dislivello.

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Alpe Motta e Montespluga

Il mattino seguente dobbiamo puntare la sveglia ancora più presto. Ci aspetta un itinerario più lungo e con pendenze ancora più impegnative. Ma la giornata è splendida: fredda, persino più di ieri, però con un cielo terso come raramente se ne vedono. Il profilo delle montagne sembra sbalzare sullo sfondo blu zaffiro del cielo.
Da Chiavenna risaliremo oggi la parallela Valle Spluga, separata dalla Val Bregaglia da una cresta ininterrotta di monti. Tra questi spicca il massiccio del Monte Mater. Ai suoi piedi, un piccolo ghiacciaio dà vita a un torrente le cui acque, attraverso una rete di condutture, alimentano un vasto comparto alpino. Ma anche da queste parti il cambiamento climatico sta mettendo a dura prova, soprattutto quest’estate, le risorse idriche.

Attraversiamo Campodolcino e quindi raggiungiamo Madesimo, a 1.555 metri. Il sole si è alzato e anche le temperature si sono fatte via via più miti. Il pianoro su cui sorge la nota località sciistica dell’Alta Valle Spluga è popolato di centinaia mucche. Fuori stagione, sono decisamente di più degli abitanti: ci pedaliamo in mezzo, cercando di non disturbarle troppo ma nemmeno di cadere. Ce ne sono di bellissime e di tutte le razze: pezzate, nere o rosse. Da molte di queste – come più tardi ci racconterà un casaro – , ma solo se pascolano al di sopra dei 1.600 metri, si ricava il latte che serve per fare il pregiatissimo formaggio Bitto. Il latte però deve essere, ci ripete il casaro scandendo bene le sillabe, appena munto. Deve avere una temperatura, cioè, di 32°C. E, soprattutto, va trasportato immediatamente, senza mai scendere di temperatura oltre i 29°C, per essere lavorato dal casaro secondo la sua arte.
Poco dopo l’ingresso in Madesimo, prendiamo una deviazione asfaltata alla nostra sinistra: è quella che sale all’Alpe Motta.

Ciclostorie
Storia 01

Adorni e Caruso

Arrivo di tappa al Giro d’Italia 2021, vide tagliare per primo il traguardo il sorprendente siciliano Damiano Caruso, poi arrivato secondo nella classifica generale della Corsa Rosa.

Noi percorreremo solo gli ultimi 5 chilometri del tracciato di quella tappa, che però sono anche i più duri. Pendenza a doppia cifra, tratti addirittura al 15%, stringiamo i denti e, grazie ai nostri rapporti agili da bici gravel, raggiungiamo il GPM senza imprecare troppo. In vetta (1.725 metri), proseguiamo ancora un po’ lungo una mulattiera sterrata che, con una curva a gomito, taglia in due i pascoli illuminati dal sole ormai alto. Ci fermiamo in uno spiazzo, appena al di sopra della statua di una Madonna tutta d’oro: è la Vergine delle vette, nota anche come Nostra Signora d’Europa. Da qui si contempla tutta o quasi la Valle Spluga. Un colpo d’occhio che, complice la giornata, diventa un panorama da favola.

La discesa verso Madesimo la percorriamo lungo la ripida strada asfaltata, mani in presa bassa sul manubrio e dita pronte a pinzare i freni.
È giunto il momento di tornare off-road. Imbocchiamo a sinistra uno sterrato in forte pendenza: sassi, pietre e ruscelli si alternano a brevi punti lastricati. Ben presto scopriamo di trovarci ancora nel bel mezzo di un grande pascolo. Con destrezza conduciamo nuovamente le nostre gravel tra una mucca e l’altra e raggiungiamo l’altipiano degli Andossi dove, in un alpeggio, ci attende il casaro di cui abbiamo accennato prima. È qui che vive e lavora quotidianamente i suoi formaggi. Ci racconta mille storie sulla sua attività e, molto orgogliosamente, anche di un’importante collaborazione con l’Università Bicocca di Milano. Qui in estate si tiene infatti un laboratorio per lo studio del sottosuolo che ha origine calcarea ed è ricco di grotte sotterranee.

Lo sbarramento della diga a Montespluga, che raggiungiamo dopo un altro breve tratto sterrato in salita, è imponente, ma il bacino artificiale – come ci ha spiegato prima il casaro – non viene mai portato da anni ormai alla sua portata massima. Numerose, infatti, sono le infiltrazioni d’acqua che scorrono sotterranee arrivando fino a Madesimo. A testimoniarlo i tanti ruscelli e rivoli d’acqua che abbiamo incontrato mentre salivamo, infangando per bene le nostre bici.
Il pianoro dove è adagiato il lago di Montespluga è di una luminosità e bellezza davvero speciali: Giulia, la nostra accompagnatrice, oltre che infaticabile scalatrice, ci assicura che qui il panorama è bello a qualsiasi ora del giorno si venga, dall’alba al tramonto, persino di notte. E immaginarselo, lo Spluga, con una stellata e senza inquinamento luminoso è un dolce commiato da questa preziosa e indimenticabile giornata.

Riassumendo, ecco i dati del nostro secondo giorno: 90 chilometri e 2.920 metri di dislivello. La maggior parte su asfalto, ma con diversi tratti sterrati, anche impegnativi per le pendenze e qualche single track seppure non difficile da percorrere. Imprescindibile, ovviamente, una gravel.
Torniamo a Chiavenna in hotel, con la luccicanza, lo shining, negli occhi. Questi due giorni, sono stati un’autentica rivelazione a pedali per noi: se volete conoscere le bellezze nascoste di Chiavenna e delle sue valli, avete già tutto sotto mano.

Tipologia di bici

Gravel

Tra le varie cose, assolutamente vietato dimenticarsi il documento d’identità. Ricordatevi: si va in Svizzera!

* informazione Publiredazionale

Testi

Giacomo Pellizzari

Foto

Paolo Penni Martelli

Hanno pedalato con noi

Giulia Guanella, Giacomo Pellizzari

REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DI

Questo itinerario lo puoi trovare sul super-magazine Destinations – Italy unknown / 1, lo speciale di alvento dedicato al bikepacking. 13 destinazioni poco battute o reinterpretazioni di mete ciclistiche famose.

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