
La stagione segreta del Trentino
Dalle Dolomiti al Garda immersi nella magia del foliage. Un territorio che in autunno è in grado di esaltare.
Dislivello Totale
5.052 m
Lunghezza totale
235 km
Durata
3 Giorni
I
La stagione segreta del Trentino
00
Intro
01
Compagni di viaggio
02
Verso la val di Non
03
Val di Sole: sulla traccia del DOGA
04
Le Dolomiti di Brenta e le Giudicarie
05
Il passo di Santa Barbara e la Val di Gresta
Qui tu ti svegli la mattina e, in base a come ti svegli e all’esperienza che hai, non importa se tu sia leone o gazzella, puoi decidere a quale pratica outdoor vuoi dedicarti. Ce n’è per tutti i gusti. Pagaiata al lago o in torrente? Giretto con la bici da strada o con la full? Due tiri in falesia o, più semplicemente, una passeggiata nel bosco dietro casa?
Ecco, se uno pratica tanti sport come il sottoscritto a volte la scelta diventa quasi difficile, soprattutto nelle stagioni di passaggio. Come lo spettacolare autunno trentino.
In questo periodo dell’anno la natura riprende il suo ritmo lento e regolare, i turisti sono un lontano ricordo, gli animali si preparano all’ennesimo cambiamento e qualche fortunato si dà da fare accatastando legna come da antiche tradizioni.
Quando viaggio, soprattutto quando mi trovo in alcuni paesi, per esempio in Tagikistan, in Costa Rica o in Marocco, mi chiedo spesso chi sarei oggi se fossi nato e cresciuto lì.
Quali convinzioni affollerebbero i miei pensieri, quali sogni, speranze, tradizioni ed esperienze vivrei? Sarei comunque così legato ed orgoglioso della mia terra?
Di viaggi, dicevo, ne ho fatti tanti in giro per il mondo: bikepacking, alpinismo, kayak, van, moto ma la sensazione che provo ogni volta che torno tra le mie amate valli, magari dopo un mese di bikepacking in ambienti remoti e superlativi, è sempre di profonda gratitudine e stupore.
Dicono che noi trentini siamo un po’ degli orsi, schivi e brontoloni, golosi di certo ma altrettanto curiosi. È esattamente quest’ultimo aggettivo il movente che mi fa partire alla scoperta di un anello di 300 chilometri a dir poco sorprendente in giro per il Trentino. Pensavamo di conoscerlo come le nostre tasche e invece, ancora una volta, gratitudine, stupore e meraviglia.
Sì, ho parlato al plurale. Viaggiare da solo è una cosa che amo profondamente e anche il mio compagno di viaggio è un lupo solitario. Ma per questo giro, come si dice, chiudiamo un occhio e accettiamo di partire insieme. Paolo ha settant’anni anni e il fascino di chi ha vissuto una vita piena, avventurosa, vera. A memoria non c’è donna che io conosca che non abbia avuto un sussulto, una breve palpitazione incrociando il suo sguardo o il suo sorriso smagliante. Paolo è un viaggiatore che ha attraversato i deserti di mezzo mondo con la sua jeep, un esploratore insaziabile in sella alla sua Salsa Fargo, ribattezzata Carmela in onore della mamma centenaria. Ha pedalato in solitaria attraverso le meraviglie della Patagonia, della Bolivia, del Cile, della Spagna, del Portogallo.
Da qualche anno ha un nuovo discepolo che lo segue: ha undici anni, si chiama Mattia ed è suo nipote.
Non è solo un eccellente fotografo, Paolo, ma il socio con cui ho condiviso dieci anni di attività e di battaglie nel frenetico mondo della comunicazione. Alla fine di questo anno uscirà di scena ritirandosi definitivamente dal lavoro e questa ci sembrava l’occasione perfetta per coronare la nostra lunga amicizia. Come dice una canzone di Francesco Tricarico, «Un padre è solo un uomo / e gli uomini son tanti scegli il migliore, seguilo e impara». Grazie Paolo! Ora, però, si parte.
Trento, piazza Duomo ore 8.00. Fa freschino ma per essere fine ottobre diciamo che ci farei la firma.
Come di consueto, Paolo è il primo ad arrivare e lo trovo a bordo della fontana che armeggia con il suo nuovo set di borse Brooks. Abbiamo davvero il minimo indispensabile perché in questo giro non pianteremo nessuna tenda, per sfamarci non cacceremo nessun animale selvatico ma ci faremo coccolare dall’ottima ospitalità e cucina trentina. La sensazione di essere scarichi e leggeri ci motiva parecchio, ma sappiamo perfettamente che ci aspetteranno delle piccole imprese da portare a termine.
La città a quest’ora brulica di vita, c’è chi va al lavoro, chi fa colazione dopo aver accompagnato i bambini a scuola e c’è chi fa finta di essere una coppia di turisti tedeschi in partenza per la loro avventura di tre giorni.
Ci gustiamo un buon caffè sotto i portici e facciamo un rapido check dei materiali essenziali. Tutto sembra essere al posto giusto: possiamo partire.


I primi 20 km di ciclabile scorrono veloci, costeggiamo lunghi tratti di pianura tra lussureggianti distese di Teroldego, rubiamo qualche mela dimenticata sulla pianta da qualche agricoltore distratto e in poco più di un’ora siamo nella Piana Rotaliana.
Ci godiamo uno snack vicino al confine con l’Alto Adige e veniamo accolti dalle strapiombanti pareti del Monte di Mezzocorona che fa da cornice a uno scenario a dir poco esaltante. Tra una cantina di vino e l’altra proseguiamo con brio lungo la curatissima ciclabile che costeggia il torrente Noce. Qualche canoista si allena tra le rapide e per qualche minuto ci divertiamo a seguirli con lo sguardo.
Paolo il saggio però sa che il tempo è tiranno e che la Val di Non va affrontata tutta d’un fiato. Mi richiama all’ordine: bisogna ripartire! Si comincia dolcemente a salire affrontando quella che un tempo era la statale che dalle valli del Noce portava a Trento.
La vista si apre a perdita d’occhio su meleti che sembrano un mare d’oro. Sullo sfondo intravediamo l’alta Val di Non e la catena delle Maddalene mentre a sinistra si staglia nel cielo l’imponente massiccio del Brenta che proprio lì sotto ospita uno dei laghi più belli al mondo: il Lago di Tovel.
Passiamo sopra la vertiginosa diga di Santa Giustina, un gioiello dell’ingegneria idraulica trentina. Il rio Novella forma un profondo canyon: è bello pensare di tornarci d’estate, pagaiando dolcemente in kayak per esplorare l’insenatura nella parte nord del lago.
Ci lasciamo alle spalle una sonnecchiante Cles. Il paesaggio della valle è punteggiato di castelli medievali: scattiamo ancora qualche foto dal ponte del Castelaz, sopra acque di color smeraldino. Si riparte: la Val di Sole ci attende per completare il nostro primo round.


Imbocchiamo la meravigliosa pista ciclabile che costeggia le tumultuose rapide del torrente Noce e ci godiamo il bosco di larici, abeti, faggi. E ovviamente noci: se si chiama così questo fiume un motivo ci sarà, no?
È arrivato il momento di una pausa. Quindi, con ordine: immancabile Radler medio, panino di segale con speck e casolet, il tipico formaggio della Val di Sole e Rabbi e, per finire, caffettino rinvigorente.
Si riprende a pedalare che è un piacere. Tra un’area attrezzata e l’altra, che non hanno niente da invidiare alle tanto decantate ciclovie svizzere o austriache, ci ritroviamo al punto di partenza del DOGA, il tracciato che tanto ci ha incuriosito e ci ha portato fino a qui. DOGA è l’acronimo che sta per DO, come Dolomiti, e GA, come Garda: della serie, dalle Dolomiti al Garda con furore. A noi gravellisti, piace un sacco!
Il DOGA ufficialmente parte da Malè e il sottoscritto gioca in casa. Sono nato e cresciuto nella selvaggia Val di Rabbi, mi sono allenato per anni nello sci Club Folgarida, ho camminato, sciato e pedalato su quasi tutte le cime delle valli circostanti ma le strade che ho scoperto con questo giro, beh, sono state una grande sorpresa.
Mi lascio andare e fingo di non chiamarmi più Claudio, ma Klaus, uno dei tanti turisti tedeschi che, letteralmente, migrano verso le nostre terre a caccia di avventure outdoor. Il mio compagno di giochi ha capito tutto: d’altronde Paolo è un uomo di esperienza e sa che i bambini vanno assecondati. Schnell Klaus, wir gehen!
La nostra giornata finisce in un B&B a Dimaro, per oggi ne abbiamo fatti abbastanza di chilometri. Domani ci vogliamo godere la salita e arrivare freschi in cima per goderci le Dolomiti di Brenta!
Doccetta, aperitivo con un buon Nosiola fresco, tagliere di affettati misti, canederli in brodo per me e spätzli panna e speck per Paolo. Nel dubbio dividiamo anche un polentino con lo spezzatino, una fetta di strüdel e chi si è visto si è visto. Buonanotte sognatori, questa sì che è vita!
Alle 8.30 abbiamo già fatto colazione, sellato i nostri destrieri e sì, fatto anche un po’ di stretching.
Penso tra me e me che è proprio vero che per essere felici non è necessario andare dall’altra parte del mondo: che cosa ci manca? Immerso in queste riflessioni, completo il rodaggio mattutino succhiando la ruota a uno scatenato Paolo, che evidentemente è in splendida forma.
La strada verso Folgarida e Campo Carlo Magno è un silenzioso biscione che si snoda tra prati meravigliosi e larici possenti. Guardo scorrere questa valle dalla mia prospettiva a pedali: ne avrò goduto centinaia di volte, ma non mi stancherò mai di tanta bellezza. Si sale, lentamente ma costanti: il fiato c’è e lo spirito di squadra anche. Il fatto poi che non ci sia il traffico estivo rende il tutto quasi irreale. Chiacchierando del più e del meno, ci chiediamo che cosa dovremmo fare nel caso dovessimo avvistare un orso per strada. Qui, proprio come in British Columbia – ricordate la premessa da cui siamo partiti? – non sarebbe per niente raro fare un incontro ravvicinato col plantigrado… Ma per fortuna all’orizzonte tutto tranquillo.
Poco dopo Folgarida ci godiamo il più bel tratto di sterrato di questo nostro viaggio.
Boschi che sembrano disegnati, il classico torrentello alpino che fa da tappeto sonoro, qualche mucca svogliata che riposa nei pascoli più bassi e la malga Mondifrà svuotata dell’alveare estivo dei turisti. Ci siamo solo noi: abbiamo fatto proprio bene a scegliere l’autunno!


Scendiamo veloci dal passo, superiamo la mondana e storica Madonna di Campiglio et voilà, sua maestà il Brenta ci allarga le braccia come se volesse accoglierci. E noi, sedotti dalla sua immortale bellezza, accettiamo l’invito.
Sono momenti magici, il foliage autunnale è alla sua massima espressione, il cielo è azzurro e davanti a noi solo la discesa che ci conduce dolcemente verso le Giudicarie. A Spiazzo Rendena, fissiamo il nostro punto ristoro prima di affrontare una delle più belle salite del Trentino: il passo Daone.
È un'ascesa impegnativa, con una pendenza media del 9%. Non sarà una passeggiata, ma per pedalare in Trentino, parliamoci chiaro, bisogna soffrire. Quindi nessuno si perde d’animo e con gli occhi pieni di bellezza e lo stomaco pieno di energia ripartiamo determinati. Sì, la salita è dura ma la vista che si apre tutt’intorno a noi ci fa ricordare che siamo lì per divertirci, per stare bene insieme e per scoprire un altro pezzo della nostra terra. È fatta e sono solo le 14.30. Così decidiamo che non ne abbiamo abbastanza e ci diamo un altro obiettivo da raggiungere per la sera. Abbiamo ancora tre ore di luce, una discesa mozzafiato fino a Preore e poi ancora una dolce salita attraverso Ponte Arche, Comano Terme, Fiavè e, finalmente, su fino al passo del Ballino. Non ci pare vero, lo sterrato che raggiunge il lago smeraldo di Tenno è qualcosa di incredibile, un continuo gioco di luci, una curva dopo l’altra.
Ci siamo: il nostro B&B è a Canale di Tenno, uno dei borghi medievali più belli d’Italia, dove i tedeschi che popolano il sottostante lago di Garda vengono a frotte in devoto pellegrinaggio turistico.


Mangiamo di gusto: crostoni di pane all’olio del Garda, carne salada con mele e Trentingrana, trota salmonata, patate al forno della vicina Val di Gresta, il tutto annaffiato da ottimo Rebo, un vitigno autoctono della valle dei Laghi. Sazi, un po’ brilli e belli cotti dalla giornata piena di bellezza e fatica, ci salutiamo e ci lasciamo andare tra le braccia di Morfeo, consapevoli che l’ultima tappa di domani sarà la più dura.
Al mattino il sole splende e il lago da quassù sembra un fiordo norvegese. Dopo un’abbondante colazione partiamo col sorriso stampato in faccia, sfrecciando per la strada tutta a curve che ci porta a Riva del Garda. Ultimo colpo d’estate, a quanto pare. Le temperature ci spingono a preferire un gelato invece del consueto panino e così, seduti sul molo di piazza Catena, ci godiamo l’ultimo momento di pace prima della battaglia finale, la temibile salita al passo di Santa Barbara.
Il prossimo anno, da qui, ci passerà il Giro d’Italia e questo ci impone di mantenere un certo livello di grinta e non sfigurare. Ancora una volta, sono sorpreso dal mio compagno di squadra che non molla nemmeno quando le pendenze toccano il 13%. Quasi 13 km per 1.079 m di dislivello. In cima, oltre a santa Barbara ci pare di vedere anche la Madonna, ma non è una visione il paesaggio fiabesco fatto di campi coltivati, ricchi boschi di foglia, prati e terrazzamenti mantenuti perfettamente chissà da quanti secoli.
Questo momento ha il sapore di un grande traguardo. Sicuramente per i meravigliosi tre giorni di avventura a pedali, ma, in particolare per noi due, per questo pezzo di vita trascorso insieme. Siamo felici, ci abbracciamo e spariamo, come sempre, qualche scemenza per dissimulare l’emozione che ci farebbe apparire troppo sensibili per i nostri standard quotidiani. Per Paolo si conclude una gloriosa e frizzante carriera; per me l’eredità di un grande progetto da portare avanti. Penso che non siano tempi facili questi ma quello che ho imparato stando accanto a lui è l’importanza di essere positivi, un po’ leggeri e di spingere sui pedali. E allora andiamo Paolo, godiamoci quest’ultima discesa che il Radler ci attende!
Ci lasciamo alle spalle la fertilissima Val di Gresta, godiamo dello scorcio sul lago di Cei e infine imbocchiamo la statale verso Aldeno. La Valle dell’Adige ci ri-accoglie col solito tran-tran che avevamo messo da parte tre giorni fa. Rientriamo verso Trento su tratti di strada poco frequentati tra vigneti e meleti pedalando fianco a fianco. Le nostre ombre lunghe ci anticipano sulla strada.
Che esperienza questo DOGA cycling, che bellezza questo Trentino. Vi abbiamo già detto quanto ci sentiamo fortunati vero? Forse sì, ma val la pena di ricordarlo ancora.

Tipologia di bici
Gravel
* informazione Publiredazionale
Testi
Claudio Ruatti

Foto
Alo Belluscio
Hanno pedalato con noi
Paolo Ronc, Claudio Ruatti

Questo itinerario lo puoi trovare sul super-magazine Destinations – Italy unknown / 1, lo speciale di alvento dedicato al bikepacking. 13 destinazioni poco battute o reinterpretazioni di mete ciclistiche famose.