Wander & Wonder

Un tour nelle Madonie, per perdersi e ritrovarsi pieni di stupore.

Periodo consigliato

Gen - Dic

Dislivello Totale

6.807 m

Lunghezza totale

174 km

Durata

3/5 Giorni

I

n Sicilia si può arrivare in nave e sbarcare a Palermo, proprio come fece Dino Buzzati, a bordo del Saturnia, per seguire i ciclisti del Giro del 1949, il terzo vinto da Coppi, quello della mitica Cuneo-Pinerolo, per intenderci. Oppure ci si arriva in treno, in automobile o in aereo, come abbiamo fatto noi. Ebbene, la prima impressione che si prova, in ogni caso, è quella di non sentirsi su di un'isola, ma ben saldi sulla terraferma.

Wander & Wonder

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Intro

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Palermo e Monreale: un prologo

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Da Cefalù a Castelbuono: il cuore delle Madonie Basse

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L’anello di San Mauro Castelverde

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Verso le Petralie, il balcone sud delle Madonie Alte

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Un tuffo termale a Sclafani Bagni

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Polizzi-Cefalù: dalle Madonie al Tirreno

Qui ci si rende comunque conto che l’Italia è lontana e che è davvero lunga, se la si vuole percorrere per intero. Ma visitando le Madonie partendo da Palermo, torneremo a casa un po’ con l’impressione di averla vista quasi tutta, l’Italia, in meno di 200 chilometri. In questo percorso sono infatti racchiusi quasi tutti i caratteri del paesaggio italiano, sebbene si debba avere sempre ben presente che questa terra è davvero una cerniera tra Africa ed Europa e che dall’altro lato del Mediterraneo non soffia solo il vento caldo che sentiamo spesso alle nostre spalle. Da Cefalù a Petralia sembra quasi di aver spaziato tra le colline della Toscana, le montagne e le valli tra Piemonte e Francia, le Dolomiti, i boschi delle foreste nell’entroterra della Liguria e della Puglia, i calanchi della Basilicata, i borghi isolati dell’Abruzzo. 
Allora partiamo e, come canta Paolo Conte, proviamo anche noi a mettere, non nei sandali, ma sotto le nostre ruote quanta strada, quanta ne avrà fatta Bartali così da attraversare questa terra, così vicina al mare ma anche così remota, dove siti e paesaggi protetti dall’UNESCO ci parlano a ogni svolta del profondissimo legame tra geologia, paesaggio, storia e agricoltura. La bicicletta ci consente di incorporare, davvero, il paesaggio: il sudore lungo le salite, la brezza calda nelle discese.

Un luogo dove perdersi, dove esplorare per accogliere la sorpresa di piccole piazze all’interno di borghi rimasti intatti.

Un paesaggio dove il tempo è quello delle pause, dove impariamo a stare piuttosto che ad andare
Insomma, un paesaggio di paesaggi: per questo abbiamo pensato di seguire un itinerario ad anello lungo le coste immaginarie di quest’isola nell’Isola, seguendo le strade intorno al Pizzo Carbonara che, con i suoi 1.979 metri, è la montagna più alta delle Madonie.
Ma non possiamo non avvicinarci senza passare almeno per Palermo, con i suoi straordinari monumenti millenari arabi e normanni, i palazzi barocchi, le piazze e i mercati.

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Palermo e Monreale: un prologo

Arriviamo all’aeroporto di Punta Raisi, recuperiamo le biciclette e saliamo sul treno per Palermo. Si passa proprio a fianco dell’autostrada e si intravede il punto esatto della strage di Capaci. Un lampo nella memoria per non dimenticare, ma il nostro primo obiettivo è camminare per i mercati di Ballarò e della Vucciria, gustando un cartoccio di polpo alla griglia, dando un’occhiata ai monumenti del sito UNESCO della città arabo-normanna e facendo un carico di energia in una pasticceria ai Quattro Canti. Una tappa serrata, che ci fa capire che al ritorno dovremo dedicare almeno un’altra giornata alle meraviglie di questa città.
Oggi preferiamo però fuggire dal centro attraverso Porta Nuova e salire fino a Monreale: un rettifilo di una decina di chilometri da ciclisti urbani abituati al peggio, che taglia la città dal centro e conquista la collina.

La magnifica piazza di Monreale ci accoglie. Dai tetti della Cattedrale, ci riempiamo gli occhi di ocra e azzurro con la vista sulla Conca d’Oro, sul mare e sul monte Pellegrino. È facile capire la meraviglia che poteva catturare chi, da quassù, abbracciava con lo sguardo l’antica Panormos, che in greco significava tutto-porto.

Torniamo in centro attraverso stradine secondarie, che vanno però a sbattere contro le fortificazioni della trafficata autostrada urbana che circonda il centro storico. Un altro pezzo di avventura, ma ne usciamo indenni e ci concediamo finalmente un caffè sotto al monumentale ficus nei Giardini Reali del Palazzo dei Normanni, prima di visitare la Cappella Palatina e riguadagnare rapidamente la stazione, dove ci aspetta il treno per Cefalù.
Da qui inizieremo davvero la nostra circumnavigazione dei monti delle Madonie. Il treno taglia veloce la costa, passa dalla piana di Termini Imerese e ci fa intravedere la Rocca che sovrasta e protegge il borgo di Cefalù. Sullo sfondo già vediamo anche i quasi 2.000 metri del Pizzo Carbonara, che sarà, come abbiamo detto, il faro del nostro viaggio. 

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Da Cefalù a Castelbuono: il cuore delle Madonie Basse

Scendiamo dal treno e non possiamo non visitare subito la straordinaria Cattedrale-fortezza (anche questa sotto la protezione attenta dell’UNESCO), che si affaccia su una piazza piena di caffè e di turisti, ben defilata rispetto alle spiagge intorno al porticciolo. Alessandro, il mio compagno di viaggio, lascia per un attimo le carte e sparisce subito in una bottega a caccia di arancine di riso e capiamo subito che la scoperta di cibi superlativi sarà la costante di tutto il nostro viaggio. I tempi si dilatano, ma ci rendiamo anche conto che questa è, più di tutte, una terra dove il viaggio prende la dimensione dello stare piuttosto che quella, pur necessaria, dell’andare.
Finalmente ci decidiamo a metterci in sella, con l’idea di percorrere la costa rimanendo in quota, per evitare il traffico della strada litoranea. Ci riusciamo, su sterrate e single track: evitiamo i cantieri della ferrovia, passiamo in mezzo a orti e giardini sotto gli altissimi viadotti dell’autostrada, superiamo uno dei molti cancelli in rete metallica che, capiremo poi, non sono dei divieti di accesso, ma semplicemente protezioni per le capre, pecore o mucche che troverete sovente lungo il percorso.

Raggiungiamo così lo strepitoso, scenografico belvedere di Rocca Pennuti: siamo sopra all’abitato di Finale, che è la parte sulla costa del Comune di Pollina. Vediamo sotto di noi il promontorio di Rais Gerbi, con l’antica torre intorno alla quale si trova un bellissimo villaggio turistico, fatto di case, sentieri e giardini ben integrati e nascosti nella macchia mediterranea.

Volendo evitare gli sterrati del tratto di costa da Cefalù – magnifici, ma in effetti un po’ complicati –, la soluzione ideale è quella di arrivare da Palermo fino a Finale in treno e iniziare il tour dalla stazione che si chiama Pollina-San Mauro Castelverde, anche se questi borghi, in effetti si trovano arroccati in alto, nell’entroterra. I lavori per il potenziamento della linea ferroviaria e la realizzazione di nuove piste ciclabili renderanno a breve la connessione ancora migliore. Se scegliamo questa opzione, potremo comunque riservare il tempo per visitare Cefalù e la sua magnifica Cattedrale alla fine del nostro giro.
Sulle spiagge a Finale di Pollina siamo dunque in quello che potremmo considerare, insieme a Cefalù, la porta delle Madonie, l’approdo ideale per lasciare la costa e addentrarsi nel paesaggio dell’interno. E ci ricordiamo di Dino Buzzati, che, descrivendo sulle colonne del Corriere della Sera la tappa Palermo-Catania nell’epica edizione del Giro del 1949, scriveva: «La rupe fantastica di Cefalù? La cattedrale famosa superbo tempio di stile normanno cominciato da Re Ruggero nel 1131, eccetera? Che importano oggi le cattedrali, il mare, i paesaggi anche se sono tra i più potenti che esistano al mondo? La strada esiste e basta; la strada va su, erta e dura e non si arrende. È cominciato il buono».
Allora, anche noi partiamo dalla costa, puntando al borgo di Pollina che ci guarda dall’alto, e la strada che lo raggiunge ci fa subito alzare in piedi sui pedali. Un miraggio in cima alla salita che si insinua tra gli orti, avvolto dalle nebbie che spesso al mattino salgono dal mare.

Ciclostorie
Storia 01

La Sicilia e Dino Buzzati al Giro del 1949

Castelbuono, la prima tappa del nostro viaggio, ci appare appena superiamo le colline alle spalle del mare. Ci aspetta in una posizione un poco defilata, al centro della valle, tra i boschi di frassini dove ancora si ricava, con tecniche antiche, la manna e tra uliveti e vigneti, da cui si producono olio e vino ottimi. Un bellissimo borgo, ricco di chiese e musei, una piazza animata da caffè e una passeggiata che culmina al castello dei Ventimiglia. Una comunità che custodisce tesori della cultura del cibo, che dalla Sicilia si fanno notare in tutto il mondo e che esploriamo con curiosità, ampiamente ripagati. Castelbuono, con il suo territorio, ha affrontato il percorso anche per essere riconosciuta dall’UNESCO come città creativa, proprio nel settore della gastronomia. Provate per credere e scoprirete con meraviglia che, tra l’altro, i panettoni più buoni a volte non si trovano per forza a Milano… Noi ci siamo capitati in occasione di una festa, accolti a pane e panelle – le deliziose schiacciatine di farina di ceci – e mille altre prelibatezze, accompagnati dal sindaco, uomo visionario dalle mille idee. Castelbuono, di nome e di fatto. A proposito di feste, se ci venite in agosto, non perdetevi l’YpsigRock, il festival di musica indie e rock alternative che richiama da quasi trent’anni migliaia di appassionati. Insomma, un paese ricco di cultura e non solo quella, raffinatissima, del cibo. Comunque, per non sbagliare, prima di ripartire, facciamo scorta di carboidrati con una magnifica pasta col macco di fave. 

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L’anello di San Mauro Castelverde

Castelbuono, lo capiamo subito, è un borgo ideale dove fermarsi. Per chi ha un po’ di tempo in più, da qui merita anche fare un detour verso San Mauro Castelverde, che si raggiunge percorrendo la bellissima valle che scende verso il fiume Pollina, magari facendo un’ulteriore deviazione per scendere fino alle Gole di Tiberio, uno dei siti del Geoparco delle Madonie, riconosciuto anche dall’UNESCO. Si tratta di un canyon che si è formato su affioramenti calcarei mesozoici modellati dall’erosione fluviale. Insomma, un profondo taglio nella valle, dove scorrono acque fresche. Il fiume si può scendere in gommone oppure a piedi. Dove riesce a penetrare, la luce si riflette disegnando spettacolari arabeschi sulle pareti di roccia. Attenzione però alla salita per San Mauro. State tranquilli sull’asfalto. La strada secondaria che sale dritta tagliando le curve di livello avrebbe bisogno di una cremagliera sotto le gomme, per quanto ben tassellate!

Cose buone

Pasticcerie e panetterie

La manna delle Madonie

Provola delle Madonie

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Verso le Petralie, il balcone sud delle Madonie Alte

Da Castelbuono riprendiamo il nostro itinerario su asfalto e puntiamo verso Geraci Siculo. Attraverso fitti boschi, la strada si arrampica con ampie curve fino a una sorta di colle, dove si trova un particolare complesso di abbeveratoio e fontane: è il monumentale bevaio della Santissima Trinità. Da qui si entra a Geraci, a mezza costa, con scorci strepitosi sulla valle. Sulla piazza, ben nascosta all’interno del borgo, possiamo finalmente sederci a un bar e goderci una birra, confondendoci tra i locali che continuano a giocare a carte, appena appena stupiti della nostra presenza. Ma non limitatevi alla piazza: percorrete i vicoli del borgo e cercate il salto dei Ventimiglia, un balcone vetrato sospeso tra le case, da cui nelle giornate di sereno potrete abbracciare un panorama strepitoso, dalle Eolie all’Etna.
Torniamo verso la strada che ci conduce a Sud. Dalle curve che seguono il fianco della montagna, ci stacchiamo presto per entrare in un paesaggio diverso, fatto di dolci colline coltivate a grano oppure tenute a pascolo. La discesa su Gangi, che si vede in lontananza, è uno dei tratti più suggestivi, in un paesaggio che ricorda a tratti quello della Toscana, anche se qui il senso di solitudine e isolamento è decisamente più forte.

Luoghi

Parco Nazionale delle Madonie / Geoparco UNESCO

Cefalù

Castelbuono

Petralia Soprana e Petralia Sottana

Gangi ci appare da questo lato come un sottile profilo di case sul crinale, a picco su un fitto bosco. Quando lo raggiungiamo ci accorgiamo invece che il borgo non è così esiguo, ma si sviluppa tutto sul lato a Sud-Ovest. Anche in questo caso, non esitate ad addentrarvi per le stradine del centro, spesso ingombre di automobili parcheggiate in posti che direste impossibili da raggiungere. Ogni tanto vi toccherà portare la bici a mano su e giù per scalinate: ma verrete ripagati da improvvisi e affascinanti scorci sul paesaggio circostante. Un belvedere tra i più suggestivi è quello che offre la piazza del Duomo.

Le strade che scendono (o salgono!) sono lastricate e ripidissime. Una breve ma intensa Parigi-Roubaix, che metterà a dura prova le forcelle più elastiche e le braccia più allenate.

Dal fondovalle parte la strada che porta verso Castellana e passa per Raffo e per le miniere di sale, che ospitano anche un museo di arte contemporanea. Un tracciato solitario e suggestivo ci riporta verso le montagne delle Petralie: i due borghi, Soprana e Sottana, a oltre 1.000 metri di quota, sono davvero un posto perfetto da cui guardare con calma la strada che abbiamo pedalato, ma soprattutto dove pianificare le prossime mosse. A Petralia Soprana non possiamo perdere lo strepitoso belvedere nascosto dietro l’abside della chiesa di Santa Maria di Loreto. Da qui scendiamo a Petralia Sottana, dove ci accolgono nella piccola osteria, con un piatto di bucce di fichi d’india in agrodolce e una pasta fresca, accompagnati da un buon bicchiere di Passomaggio, profumatissimo rosso prodotto nei vigneti che sulle colline di Castelbuono guardano il mare.

Questa è, più di tutte, una terra dove il viaggio prende la dimensione dello stare piuttosto che quella dell’andare.

Allora cominciamo a ragionare con Francesco, il nostro pusher di biciclette e grande conoscitore del territorio. Insieme a Calogero, che il giorno dopo ci accompagnerà tra terrazzi nascosti e affacciati sul territorio o all’interno di una chiesa con un altare istoriato che non ha eguali, calpestando le pietre del percorso geologico urbano che sottolinea l’unicità di questo paesaggio protetto dall’UNESCO.
Alle Petralie (Soprana e Sottana), riconosciute come borghi tra i più belli d’Italia, merita davvero godersi una sosta. Noi ne approfittiamo e, nelle giornate successive pedaliamo ancora lungo un altro anello, quello che ci porta verso Sud-Ovest, a Sclafani Bagni, per una settantina di chilometri che ci introducono in una delle aree più nascoste, preziose e silenziose della Sicilia; quindi di affrontare, da Sud a Nord, la traversata delle Madonie, per riguadagnare la costa tirrenica.

Ciclostorie
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In mountain bike a Piano Pomo

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Un tuffo termale a Sclafani Bagni

Da Petralia Sottana scendiamo a Polizzi Generosa – un nome che già ci piace –, prendendo dapprima la bella strada principale e poi, prima di Castellana Sicula, tagliando per Calcarelli e scendendo fino a Scillato. Da qui un bivio a sinistra ci fa puntare la direzione verso il profilo, ben riconoscibile, della Rocca di Sciara, la scenografica montagna, disegnata anche da Maurits Escher e che sovrasta Caltavuturo, paese di origine bizantina ma dal suggestivo toponimo mezzo arabo e mezzo siculo: qal’at che sta per rocca, castello, mentre vuturu è, in dialetto siciliano, il grifone. Dal Castello del grifone raggiungiamo, passando per il mitico bivio di Sclafani Bagni, spettacolare punto di passaggio della Targa Florio. Dopo una breve deviazione, qualche tornante prima di raggiungere il borgo ci attende, dove un tempo sorgeva uno stabilimento termale ormai abbandonato,una sorgente di acqua sulfurea che sgorga a 36° C in una piccola piscina naturale. Noi ci siamo immersi in una calda giornata di settembre e ne siamo usciti lisci e tonici, rigenerati e pronti per rimetterci in sella.
Il percorso di ritorno aggira Caltavuturo e scende poi verso la valle dove si snoda l’autostrada.
Attenzione però: si tratta di un percorso impegnativo, che comporta lunghi sterrati nella discesa al fondovalle, prima di risalire a Polizzi su asfalto.

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Polizzi-Cefalù: dalle Madonie al Tirreno

Il mattino seguente ripartiamo da Polizzi per l’ultima tappa del nostro viaggio. Questa di oggi sarà una vera e propria traversata longitudinale delle Madonie. Per questo ci riforniamo di energetici dolci alle mandorle in una pasticceria d’antan, appena prima della piazza che si apre a balcone verso la valle attraversata nella giornata precedente e verso le montagne che dovremo affrontare in direzione nord. Scesi ai piedi del paese, riempiamo le borracce con l’acqua fresca di un vecchio bevaio e quindi, sempre all’insegna dell’acqua, ci lasciamo alle spalle gli archi dell’antico acquedotto, già presente in epoca romana e ricostruito più volte fino all’Ottocento.

La strada sale gradualmente di livello. Lo scenario è spettacolare. Alla nostra destra le creste del monte Quacella e del monte Mufara, passando a fianco di uno dei punti di accesso per salire a vedere i famosi e rarissimi Abeti dei Nebrodi (sembra che ne siano rimasti solo ventisei). Puntando a Portella Colla, attraversiamo un paesaggio montano che per gli ampi spazi aperti ci ricorda la salita della Casse Déserte, sotto il colle dell’Izoard, o in certi tratti del colle delle Finestre verso Pragelato. A Portella Colla lasciamo sulla destra la strada che porta a Piano Battaglia e al rifugio Marini (rifugio del CAI e bike hotel), alle pendici del monte Mufara, e puntiamo ai 1.200 metri di Piano Zucchi, attraversando ampie radure tra fitti e freschi boschi di faggi e leccete, incontrando spesso i numerosi daini che si muovono in libertà. Scolliniamo e giungiamo al bivio di Mongerrati. A sinistra le direzioni indicano Collesano (vedi box), ma noi prendiamo a destra verso Isnello, un piccolo borgo sospeso tra una profonda gola e la montagna.

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Collesano e la Targa Florio

Abbiamo gli occhi pieni di soddisfazioni durature e una certezza: questo è stato un viaggio di scoperta e di stupore.

Da qui si sviluppa un sentiero geologico di grande interesse, parte del Geoparco UNESCO delle Madonie. Meriterebbe fermarsi e aspettare la notte, anche solo stendendo il materassino su un prato,  sotto il cielo stellato più bello d’Italia in un’area famosa per l’assenza di inquinamento luminoso e dove, non a caso, si trova l’osservatorio astronomico di Gal Hassin. Da Isnello, passando da Gratteri, oppure direttamente, con una lunga e ripida discesa che passa dal santuario di Gibilmanna, si torna direttamente sulla costa. Alla fine rientriamo a Cefalù, dove chiudiamo il nostro grande abbraccio alle Madonie in un giorno di settembre, al tramonto, in una di quelle giornate che portano ombre lunghe.
Dove abbiamo esplorato le pieghe più nascoste di un paesaggio unico, dove ci siamo lasciati sorprendere, come direbbero gli inglesi, dalle assonanze tra wander e wonder, tra esplorazione e meraviglia. Torneremo presto, per condividere i luoghi che abbiamo appena imparato a conoscere anche con gli amici più cari, per rileggere insieme la pagine di questo libro straordinario che è il paesaggio della Sicilia e celebrare con la fatica la scoperta dei suoi angoli più sconosciuti.

Tipologia di bici

Gravel

L’itinerario è interamente su strada, però la grana dell’asfalto è molto grossa e, causa caldo e siccità, ci sono parecchie buche. Perciò consigliamo comunque una bici da gravel e copertoni tassellati, in maniera da stare più comodi.

Bici

Pinarello Grevil

Aerodinamica ma allo stesso tempo molto comoda anche per viaggi di lunga durata, la Grevil con copertoni da 35 mm è la nostra scelta per questo itinerario.
pinarello.com

Borse

Brooks Scape

Percorso da fare in tre giorni, tutto di un fiato: il nostro consiglio è un light bikepacking con borse Brooks della linea Scape.
brooksengland.com

* informazione Publiredazionale

Testi

Andrea Rolando

Foto

Rosario Liberti

Hanno pedalato con noi

Francesca Baldanza

REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DI

Questo itinerario lo puoi trovare sul super-magazine Destinations – Italy unknown / 2, lo speciale di alvento dedicato al bikepacking. 12 destinazioni poco battute o reinterpretazioni di mete ciclistiche famose.

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