Sparire dai radar

La bellezza nascosta degli sterrati del Parco Nazionale dello Stelvio.

Dislivello Totale

6.428 m

Lunghezza totale

191 km

Durata

3 Giorni

L

o Stelvio è la Cima Coppi per eccellenza: con i suoi 2.758 metri, è il valico più alto toccato dal Giro d'Italia. Prende il nome dal Campionissimo che qui, il 1° giugno 1953, firmò una delle sue più grandi imprese: la fuga e la vittoria di tappa, nella Bolzano-Bormio che, per la prima volta, vedeva inserita nel tracciato la lunghissima e impegnativa salita.

Sparire dai radar

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Intro

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Bormio, Laghi di Cancano, Stelvio: tra acque inquiete e vie nascoste

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Dallo Stelvio a Grosio: per antiche ferrovie e sterrati springsteeniani

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Grosio, Val di Rezzalo e l’ascesa al passo del Gavia

Quel giorno, lungo i 48 interminabili tornanti del versante altoatesino, Coppi, con uno spettacolare colpo di mano, staccò tutti e, in particolar modo, il campione svizzero Hugo Koblet, a cui sfilò la maglia rosa, conquistando il giorno dopo a Milano il suo quinto Giro d’Italia.
Conquistare lo Stelvio dai due versanti canonici, quello di Bormio e quello di Prato allo Stelvio, resta sempre una bella e memorabile impresa. Ma per noi amanti delle avventure meno convenzionali e curiosi di ogni novità che ci può riservare la bicicletta, pensare di poter battere quasi palmo a palmo il territorio del Parco Nazionale dello Stelvio attraverso tracce meno conosciute, quasi fuori dai radar, e alla scoperta di paesaggi più remoti, ha aggiunto un ulteriore senso di sfida e ha arricchito di fascino il mito di Sua Maestà la Salita. Quindi ci siamo messi in sella a una gravel. Ci aspettavano sterrati, mulattiere, single track, insomma vie nascoste, forse non per tutti, ma di una bellezza da mozzare il fiato. In tre giorni, in quel di Bormio – campo base della nostra esperienza bikepacking – e su e giù per l’Alta Valtellina, ne abbiamo fatte di cotte e di crude.

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Bormio, Laghi di Cancano, Stelvio: tra acque inquiete e vie nascoste

Bormio è il centro nevralgico dell’Alta Valtellina, chiave di volta delle strade che portano da un lato al passo del Foscagno, a Livigno e alla Svizzera; dall’altro, in direzione Santa Caterina Valfurva, verso il passo del Gavia, in Val Camonica e alla provincia di Brescia; e infine, oltre il passo dello Stelvio, in Val Venosta e in Alto Adige, percorrendo a ritroso la strada che vide il trionfo di Coppi nel 1953.
Ma a noi le cose semplici in bici non piacciono. E dunque, il primo giorno, raggiungeremo lo Stelvio ma dal suo versante meno noto: puntando da Bormio alla Valdidentro e da qui, risalendo ai Laghi di Cancano, sconfinare nella Val Mustair, in territorio elvetico, e risalire per il passo dell’Umbrail fino ai 2.758 metri del nostro traguardo di giornata.
Bisogna svegliarsi presto e far colazione senza indugiare troppo: anche perché la voglia di tuffarsi in questo luna park per ciclisti che è il Parco Nazionale dello Stelvio è esagerata. Ci accompagnano Angelo, Matteo e Daniele, che negli anni si è conquistato, a furia di ascese ripetute, il meritato soprannome di Stelvioman.
Dopo un ultimo check alle borse, montiamo in sella alle nostre gravel e partiamo. Sappiamo che oggi il 60% del tracciato sarà off road, mulattiere o single track. L’eccitazione cresce. Iniziamo però con il caro, vecchio asfalto: scaldiamo così la gamba lungo la strada che, per i tornanti a biscia delle Torri di Fraele, ci porta ai Laghi di Cancano. Due bacini artificiali distinti – quello di San Giacomo e quello appunto di Cancano – costruiti negli anni Venti del secolo scorso dall’azienda milanese AEM e che costituiscono la principale risorsa idrica di tutta l’Alta Valtellina. 

Giungiamo al Rifugio Ristoro Monte Scale (sede d’arrivo della diciottesima tappa del Giro d’Italia 2020): qui la musica cambia radicalmente. Inizia l’avventura in territori poco battuti dall’uomo: percorriamo, silenziosi, cullati solo dallo scricchiolio dei copertoni sui sassi e sui rami, lo sterrato che circonda i laghi. Il paesaggio muta: si fa più aspro, più Sturm und Drang. Quasi a ricordarci che la bici questo deve essere. Contatto diretto con la natura, anche forte e brutale se occorre. Eccoci immersi in un bosco di larici che sembra uscito da una fiaba dei fratelli Grimm. Superata un’area pic-nic ci dirigiamo verso il confine con la Svizzera, anche se non vediamo nessuna dogana, ma solo un sasso a indicare la frontiera.

Inizia il segmento più difficile di oggi: i 3 chilometri di single track che richiedono massima attenzione e che ci conducono nella ancestrale Val Mora, un piccolo gioiello incastonato tra le montagne.

Stiamo percorrendo le tratte che un tempo erano trafficate da intensi commerci: quello del vino, che risaliva dalla Valtellina e si dirigeva verso la Baviera; e quello della salgemma, proveniente dalle miniere tirolesi di Hall e diretto in Italia.
Lo avevamo detto: lo Stelvio vogliamo raggiungerlo nel modo meno scontato possibile. Giunti in Val Müstair, a Santa Maria, iniziamo l’ascesa al passo dell’Umbrail, su fondo asfaltato. Sono 13 chilometri con pendenza media del 8,6% che si innestano sull’ultimo tratto di salita che proviene da Bormio. L’Umbrail è duro all’inizio (tratti sopra il 10%), più pedalabile e aperto nella seconda parte. In ogni caso, una meraviglia: resa ancora più emozionante dal pensiero che passeremo la notte in rifugio, lassù, ai 2.758 metri di Cima Coppi, sospesi sui nostri sogni di campioni. Questi i numeri a consuntivo della giornata: 56,4 chilometri percorsi per un dislivello di 2.400 metri. Duretta.

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Dallo Stelvio a Grosio: per antiche ferrovie e sterrati springsteeniani

Dopo una notte in rifugio, tutto sembra più bello. A partire dall’abbondante colazione. Ma non abbiamo fatto i conti col freddo, quello che, in alta montagna e al mattino presto, sa essere cattivo, persino spietato. Qui sfioriamo i tremila metri e sono le sette in punto. L’uscita in strada è brutale. L’aria ci punge il viso con la violenza di mille spade, dalle nostre bocche si sollevano sbuffi di vapore, anche poetici per carità, ma di cui faremmo volentieri a meno.
Indossiamo gambali, manicotti, persino guanti invernali e tutto ciò che di più pesante abbiamo nelle nostre borse.

Ci attende la lunga discesa verso Bormio. Ma ancora una volta in modo non convenzionale: all’altezza del tornante numero 8 prendiamo una deviazione verso un impegnativo single track.

È quello che ci porta alla scoperta del dolce e appartato laghetto di Scorluzzo, dove sono presenti resti di fortificazioni risalenti alla Prima guerra mondiale.
Riscendiamo dunque e, all’altezza della terza casa cantoniera della statale dello Stelvio, riprendiamo l’asfalto che scende verso la Valle del Braulio. Ma la nostra storia d’amore con le deviazioni impreviste non finisce qui: percorriamo gli antichi tornanti della strada voluta dall’ingegnere stradale Carlo Donegani, oggi chiusi alle auto, ma proprio per questo di notevole fascino e impatto scenico.

Dopo la prima casa cantoniera, una svolta a gomito a destra ci indirizza verso Boscopiano. Una sterrata che arriva dapprima a lambire il corso dell’Adda appena nato, poi risale in quota tra i 1.800 e i 1.900 metri e ci riporta ai Laghi di Cancano. Di qui riprendiamo, ma al contrario rispetto al primo giorno, i tornanti delle Torri di Fraele. Queste ultime, assieme alle omonime Scale, sono i ruderi di un antichissimo avamposto militare risalente al 1391. Se si guarda bene è ancora possibile scorgere alcuni scalini scavati nella roccia: lungo il tortuoso percorso venivano sistemati trabocchetti ad hoc, coperti di esili frasche, per far cadere nel vuoto gli incauti assalitori.

Ciclostorie
Storia 01

Un altro Fausto sullo Stelvio

All’incirca a metà discesa imbocchiamo sulla destra una ciclabile dalla storia molto particolare. L’ingegnere Paul Decauville alla fine del ’800 ideò una ferrovia smontabile. I binari, in acciaio e a scartamento ridotto, erano facilmente posizionabili e componibili, quasi come dei mattoncini Lego. Ideali per il trasporto merci (minerali, legno, argilla, torba), le ferrovie Decauville vennero lungamente utilizzate nel secolo scorso. Percorriamo la ciclabile Decauville fino all’abitato di Arnoga, una decina di chilometri pianeggianti in cui rilassiamo finalmente le gambe e ci godiamo la vista delle montagne. La seconda grande scoperta di giornata è invece la inattesa Val Verva e la salita verso l’omonimo passo. Strada sterrata e molto disconnessa: qui quando piove spesso l’acqua scava solchi profondi, dal sapore vecchio West, quasi fossero usciti da una canzone di Springsteen. L’arrivo al passo è segnalato da una stele in roccia.
La discesa è impegnativa quasi quanto la salita, va affrontata con cautela: lungo la strada si incontra il Rifugio Falk, presso il quale contempliamo un’altra delle innumerevoli distese d’acqua di questa incredibile giornata: è il lago dall’evocativo nome di Acque Sparse.
Infine, picchiata su Grosio e secondo pit stop della nostra tre giorni. Dopo 50 chilometri e 1.200 metri di dislivello, nel centro storico del paese è decisamente tempo di un paio di birre e di panini con bresaola.

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Grosio, Val di Rezzalo e l’ascesa al passo del Gavia

Al mattino, prima di ripartire da Grosio, non possiamo esimerci da una visita ai suoi castelli. Abbarbicati sul colle che domina la Rupe Magna, con le loro mura merlate e turrite non possono passare inosservati. Sono due: il castello di San Faustino, o Castello Vecchio (X-XI secolo), e il castello Visconti Venosta, anche noto come Castello Nuovo (1350 -1370). Entrambi fanno oggi parte del Parco delle incisioni rupestri di Grosio. Scaldiamo saggiamente le gambe, messe duramente alla prova dalle due precedenti tappe sul Sentiero Valtellina, la bellissima ciclabile che, lungo il fondovalle dell’Adda, in 114 chilometri collega Colico a Bormio, quasi sempre in sede protetta. È il modo ideale per venire a conoscere in bicicletta i borghi più belli della Valtellina. Ma la modalità slow non ci appartiene più di tanto e così lasciamo il Sentiero in località Le Prese, dove si presenta la prima asperità del nostro ultimo giorno. È la salita che porta a quell’autentico gioiello naturalistico che è la Val di Rezzalo. Qui si incontrano i paesi di Frontale, reso celebre da una canzone di Davide Van De Sfroos, e poi Fumero.

Luoghi

Il Kuerc

Le terme

Parco Nazionale dello Stelvio

Parco Incisioni Rupestri di Grosio

Proseguiamo lungo una vecchia strada militare che aggira sapientemente gli ammassi rocciosi (e minacciosi) del Corno di Boero. Stiamo pedalando su un segmento della traccia del Bormio360, un Adventure Trail pensato per escursionisti a piedi o per mountain biker, che traccia un anello – di 140 km per un dislivello complessivo di 6.200 metri – e abbraccia i versanti montani dei cinque comuni del Bormiese: Bormio, Sondalo, Valdidentro, Valdisotto e Valfurva. È suddividibile in più tappe con l’opportunità di pernottare nei rifugi e nelle malghe presenti sul percorso (www.bormio360.eu).

La valle si apre ora in tutto il suo splendore segreto: è una vera perla del Parco Nazionale dello Stelvio che nessun ciclista, per nessuna ragione al mondo, può esimersi dal conoscere.

Si narra che questa vallata, per la sua posizione particolarmente appartata, fosse luogo di elezione di spettri e di presenze oscure. Tra questi, si dice che si aggirassero gli spiriti dei cosiddetti confinati, coloro che, per via dei peccati di eresia che avevano commesso in vita, non trovavano pace, non solo ovviamente in purgatorio, o tanto meno in paradiso, ma neppure all’inferno: perché nemmeno il diavolo in persona li avrebbe accolti. Venivano allora confinati nelle valli e negli antri più remoti, proprio come la Val di Rezzalo. Che a noi, però, sembra un paradiso. Distese di pascoli si alternano a boschi di larici e a tappeti di rododendri e mirtilli. A un tratto scorgiamo una piccola chiesetta dal minuto campanile: è quella di San Bernardo. Il paesaggio che circonda la pieve è mozzafiato, dominato dai lunghi meandri scavati dal torrente Rezzalasco. Non potevano che finire qui le anime più in pena, quelle dei cicloviaggiatori.

Giunti nei pressi di Clivio, eccoci a quota 2.000 metri. Da qui in su, ogni pedalatore che si rispetti, inizia a respirare. L’ossigeno è un incantesimo dell’altura. Poco più avanti, al passo dell’Alpe, mentre azzardiamo un fuorisella, notiamo alcune fortificazioni. Si tratta di un’altra linea di difesa della Grande Guerra: gallerie, trincee e fortini. Luoghi dimenticati da Dio. E ritrovati dai ciclisti.
Ora però massimo impegno: ci attende un single track molto insidioso. È talmente sconnesso che in alcuni tratti alziamo bandiera bianca. Si prosegue a piedi: è la dura legge del ciclocross. Per fortuna presto la traccia torna a farsi mulattiera fino a ricongiungerci a un’altra strada mitica. Quella, asfaltata, che sale al passo del Gavia. Sbuchiamo all’altezza di Ponte dell’Alpe, sul versante di Santa Caterina Valfurva e andiamo alla conquista dei suoi 2.652 metri di altitudine di quello che potremmo definire il fratello minore dello Stelvio.

Cose buone

Vini eroici

Cantine del Braulio

Pizzoccheri

Bresaola e formaggi

Salendo in vetta non si può fare a meno di mettersi una mano sul cuore e pensare alla tappa del Giro d’Italia del 1988, entrata nella storia. Quel giorno una tormenta di neve fuori stagione si abbatté in cima al passo, impedendo anche ai mezzi della televisione di effettuare le riprese in quota. I ciclisti quel giorno, sorpresi in abbigliamento estivo dallo straordinario maltempo, scesero verso Bormio in condizioni che erano al limite della sopravvivenza. Moltissimi di loro, intirizziti, si ritirarono. Non l’americano Andy Hampsten che sfilò la maglia rosa a Franco Chioccioli, soprannominato Coppino per via di una certa somiglianza con il Campionissimo. E sempre lì, a Coppi e alla sua vicina vetta, lo Stelvio, si torna.
Dal passo del Gavia torniamo indietro e planare su Bormio ha il sapore spumeggiante del viaggio concluso e dell’impresa portata a termine. E oggi sono 63 chilometri e 2.274 metri di dislivello. Mica paglia.

Tipologia di bici

Gravel

Signore e Signore, ecco a voi sua maestà Lo Stelvio. Ovvero più in alto di così non si può! Siete pronti?

* informazione Publiredazionale

Testi

Giacomo Pellizzari

Foto

Paolo Penni Martelli

Hanno pedalato con noi

Angelo Galbiati, Matteo Illini, Daniele Schena

REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DI

Questo itinerario lo puoi trovare sul super-magazine Destinations – Italy unknown / 1, lo speciale di alvento dedicato al bikepacking. 13 destinazioni poco battute o reinterpretazioni di mete ciclistiche famose.

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